Quando non basta più un Civati per restare

Di seguito le motivazioni per cui ho abbandonato il Partito Democrarico, comunicate al Segretario Cittadino con mail del 26 u.s.

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L’adesione ad un organizzazione, politica o di volontariato, nasce dalla voglia del singolo di accettare e condividere i principi, i mezzi ed gli obiettivi dell’associazione.

Durante l’appartenenza ad una organizzazione, fermo restando l’immutabilità dei principi, un iscritto può disapprovare i mezzi e gli obiettivi nel breve o lungo termine, però ha la possibilità di partecipare ad una discussione interna per illustrare il proprio punto di vista e, magari, vedere riconosciuta dagli altri aderenti le proprie ragioni.

Però quando ci si accorge che i principi dell’organizzazione sono variati e, di conseguenza, vengono adoperati nuovi mezzi per il raggiungimento di obiettivi diversi, il tutto in contrasto gli immutati principi dell’iscritto, diventa impossibile per quest’ultimo la permanenza in tale associazione.

Poiché ritengo che questo sia accaduto nel PD, viene meno la possibilità di continuare ad aderire a tale partito, dove principi, mezzi ed obiettivi sono contrari ai miei principi.

Infatti, oltre a proseguire nel sostenere un Governo a cui gli elettori del Pd non hanno mai dato il loro consenso, ma scaturito dall’opera di 101 “traditori” che ad oggi sono sempre “anonimi”, “latitanti” e “non-ricercati”, si sono verificati ulteriori episodi che non condivido.

In primo luogo, è evidente che l’attuale dirigenza Pd ha una propensione palese nel considerare naturale e legittimo che gli interessi di una minoranza potente siano più influenti di quelli della maggioranza della gente comune, quasi un riconoscimento automatico che la supremazia di una élite sia il giusto riconoscimento di una maggiore capacità di imporsi sull’altro.

Una élite, economica o sociale, che utilizzi la propria “potenza” per il perseguimento dei propri fini, anche “scavalcando” o “aggirando” qualsiasi norma.

Costoro impiegano, a loro uso e consumo,  il consenso ottenuto nelle urne, giustificando tutte le loro azioni attraverso un “mandato in bianco” mai rilasciato dagli elettori.

Tale “legittimazione” li porta a non confrontarsi mai con la Base, ma a presentarsi ad essa “a cose fatte” con la formula “pacchetto  prendere o lasciare”.

Di conseguenza, è risultato naturale per il Segretario Nazionale Pd “riabilitare politicamente” una persona con qualche “problema” con la giustizia (rinviato a giudizio, condannato in via definitiva e decaduto da Parlamentare), e che – non dimentichiamo! – aveva umiliato il Parlamento facendo sostenere ai propri Onorevoli  che “Ruby era la nipote di Mubarak”.

La Politica dovrebbe diffondere e difendere “Valori”, non dimostrare alle nuove Generazioni che i detentori di ricchezza e potere sono sempre e comunque al di sopra delle Leggi.

Anche la recente proposta elettorale Renzi-Berlusconi è figlia di tale approccio “oligarchico”, dove il cittadini sono sempre trattati come consumatori-elettori, destinatari di campagne pubblicitarie gestite dall’alto, con l’unico compito di mettere una “X” su una scheda senza farsi tante domande su chi andrà in Parlamento.

A nulla serve brandire l’argomento “Primarie”,  perché se quest’ultime non saranno disciplinate da leggi subiranno l’influenza di quanti detengono le risorse economiche da investire per finanziare “campagne marketing” e/o muovere le “Truppe Cammellate”; senza dimenticare che è ormai abitudine per soggetti di destra “contaminare” le consultazioni del Partito Democratico.

Inoltre, personalmente non comprendo più l’utilità di partecipare alle Primarie come militante, se da cittadino non sono ritenuto “capace di intendere e di volere” nell’individuare un valido rappresentante del Popolo da mandare in Parlamento.

Anche la riforma del “finanziamento ai partiti”, che nello spirito ha anticipato quella elettorale e contrariamente a quello che ci hanno fatto credere è restato pubblico (anche se “vincolato” ad una firma in sede di dichiarazioni dei redditi), premia le donazioni di facoltosi privati (leggi “élite”), visto che si avranno notevoli benefici fiscali in termini di rimborsi, a differenza di quanto accade per le elargizioni in favore delle associazioni no-profit che offrono servizi/aiuti alle fasce vulnerabili della popolazione.

Questa “filosofia ” ha influenzato la vita interna del partito, sia nell’assoluto silenzio in materia di coinvolgimento e partecipazione alle decisioni del partito da parte della “Base”, utile solo ad essere attivata come “bassa manovalanza elettorale”; che nell’iniziare e concludere l’iter delle elezioni dei Segretari Regionali in meno di un mese, fornendo la prova definitiva della poca considerazione e rispetto che si nutre nei confronti dei propri iscritti/simpatizzanti.

Scarsa considerazione della Base e agire da “élite” non potevano che sfociare in una candidatura unica del Segretario Regionale Puglia, dove il dibattito su contenuti ed obiettivi è stato completamente assente, come ha evidenziato recentemente l’Assessore Guglielmo Minervini.

Oggi il Partito Democratico non è un luogo per discutere e confrontarsi sui contenuti, ma solo una palestra in cui dare prova della propria “capacità muscolare elettorale”; dove il tuo valore è direttamente proporzionale a quello del tuo “pacchetto voti”, non alla qualità delle idee che esprimi (alla faccia della meritocrazia!).

Per tutte queste ragioni, ritengo che (per me) continuare ad essere iscritto al Pd siamo un atto di ipocrisia estrema non condividendo nulla di tale partito, oltre che non intravedo al suo interno quella “onestà intellettuale” alla base della possibilità che “ascoltare” si possa tramutare in “accettare” tesi/idee/proposte che non siano solo espressione dell’élite.

Quando non basta più un Civati per restareultima modifica: 2014-01-28T07:00:32+01:00da eug-martello64
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