Mi ritorna in mente

L’articolo pubblicato oggi da Giovanni Ronco mi ha fatto ricordare un mio vecchio post del 2011

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Qual è l’anima di una Città?

È questa la domanda a cui dovrebbe dare una risposta chi si candida ad amministrare la propria Comunità.

Non è una domanda retorica o accademica, ma permette di definire i confini dell’agire politico-gestionale.

Trani, ad esempio, ha dimostrato nella sua Storia di avere un’Anima caleidoscopica dove ritroviamo l’Agricoltura, l’attività Marinara, l’Artigianato, il Commercio, il Turismo, l’Industria e la Solidarietà.

Però nessuno di questi aspetti ha mai predominato sull’altro ma, anzi, spesso hanno convissuto insieme con pesi diversi a secondo dell’epoche storiche.

Inoltre, se guardiamo al passato della nostra Città notiamo che tutte queste attività hanno avuto sempre un comune denominatore: l’innovazione e l’approccio futurista.

Ne sono esempio gli Statuti Marittimi, che hanno offerto le basi per la formazione del Diritto Italiano alla Navigazione; la Cattedrale, che rappresenta l’edificio più bello e celebrato del romanico pugliese; Giovanni Bovio, Repubblicano e attento alla difesa dell’umile e del bisognoso, il quale doveva essere un cittadino operoso e capace di partecipare con propri compiti ad una comunità civile ed impegnata; Veldemaro Vecchi, Pioniere dell’editoria e della cultura in Puglia; per non dimenticare che nel 1893 Trani fu la prima città della Puglia ad essere illuminata ad energia elettrica e nel 1908 veniva creata l’Azienda Elettrica (Amet).

Oggi, in piena crisi economica e morale, Trani ha l’opportunità di svolgere il ruolo di “apri pista”, grazie alla sua Anima Innovativa e Futurista, diventando una delle prime Città dell’era post-petrolio e dell’economia dell’abbastanza.

Dove per “post-petrolio” si deve intendere una Città di transizione, non un eco-villaggio, dove la transizione non dovrà essere una moda passeggera ma che faccia sorgere in noi la consapevolezza dell’utilità del risparmio delle risorse energetiche, della tutela e valorizzazione del territorio e del recupero del patrimonio architettonico esistente; tutte obiettivi che contribuiscono ad aumentare i posti di lavoro.

Dove per “economia dell’abbastanza” si deve intendere una modus vivendi che porta i Cittadini ad accontentarsi di un insieme finito di bisogni, agendo solo in base a ciò di cui hanno necessità e senza cercare nuovi Bisogni che, spesso non fanno che trasformarli in servi del lusso, del superfluo, dell’apparire invece dell’essere.

Per fare tutto questo dobbiamo partire da quello che abbiamo: il nostro patrimonio ambientale, artistico e culturale; la vocazione artigianale ed alla produzione di qualità; la naturale predisposizione all’incremento dell’uso delle tecnologie; la consapevolezza che lo sviluppo economico porta occupazione e risorse per la promozione sociale.

Ma anche arrivare a ciò che non abbiamo: una Città che curi i servizi pubblici come strumento di benessere collettivo; una Città in cui l’amministrazione funzioni al servizio dei cittadini paritariamente considerati; una Città in cui tutti partecipino alla vita pubblica per manifestare le proprie aspirazioni e ricercare gli interessi comuni; una Città che non dimentichi che deve essere gradevolmente vissuta da residenti ed ospiti di tutte le età.

Mi ritorna in menteultima modifica: 2014-02-20T17:00:11+01:00da eug-martello64
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