E siamo ancora fermi lì…

Siamo ancora dalle parti dei 101 che hanno tradito Prodi, il Partito Democratico e gli elettori del centrosinistra.

Siamo ancora fermi lì, al governo delle larghe intese (e larghe offese), ai ricatti, e al “non ci sono alternative”. O peggio, alla rincorsa al grande centro, all’endorsment alle colombe alfaniane, e al procrastinare ancora le uniche due priorità per le quali questo governo è nato: legge di stabilità e legge elettorale.

Civati con il segretario Pd Epifani e il capogruppo alla Camera Speranza

Abbiamo vissuto giorni infuocati nei quali il Partito Democratico ha mostrato ancora una volta tutte le sue fragilità e le sue ambiguità, per difendere l’indifendibile Ministro Cancellieri, che sarebbe stata cacciata in qualsiasi democrazia occidentale (e non solo). In quel caso, è molto probabile che se state leggendo queste righe e la pensiate così, voi siate Enrico Letta, o un ministro del suo Governo, o uno dei molti parlamentari democratici che non hanno rilevato nessunissimo problema in quanto successo.

Sono stati iorni nei quali solo Giuseppe Civati ha assunto una posizione chiara e decisa, scritta nero su bianco nella proposta di mozione di sfiducia presentata al Gruppo parlamentare del Pd.

L’intervista a Rainews24, qui: http://youtu.be/JQE6ZcAQgm0

Ma come ormai troppo spesso accade da queste parti, laddove erano tutti incendiari, durussimi e d’accordo sulle dimissioni del Ministro, si sono ritrovati tutti pompieri, arrampicati su specchi fragilissimi, nascosti dietro al solito #potrebbecadereilgoverno minacciato dal presidente del Consiglio intervenuto alla riunione del Gruppo.

Civati ha perso. Proprio così, come ha detto lui stesso. Hanno vinto i soliti, i governisti a tutti i costi, quelli che già avevano salvato Alfano, quelli di sempre, che hanno ridotto il Partito Democratico a quello che vediamo ogni giorno. Ma ciò che ha reso queste giornate insopportabili è stata quella che lo stesso Civati ha chiamato il disprezzo di chi è sempre dalla parte di chi comanda, all’insegna del “debole con i forti, forte con i deboli”. C’è chi si nasconde, e chi ci mette la faccia e va fino in fondo.

L’intervento alla Camera dei Deputati, qui: http://youtu.be/JvjSlBOHDt0

E fino in fondo Civati ci è andato davvero, dedicando un intero pomeriggio a spiegare la sua posizione sotto il segno dell’hashtag #insultacivati con il quale ha interagito con migliaia di utenti, dimostrando che solo chi si nasconde dietro fragili formule ipocrite perde. E perderà la partita più importante, quella che si giocherà l’8 dicembre.

Ma non c’è solo la mozione di sfiducia alla Cancellieri. Non c’è solo la fiducia al governo Letta o la rielezione di Napolitano. È la certificazione, con voto parlamentare, che nulla potrà mai cambiare. È la fine della speranza. È la chiusura di ogni possibile strada alternativa, di ogni possibile cambiamento, di ogni possibile via di fuga dalla condizione attuale. È tutto questo che si vede all’esterno.

Continuiamo a dire che dobbiamo andare via dalle alleanze innaturali con la destra, via dall’imbarazzo e dall’ipocrisia di trovarsi continuamente a fare il contrario di ciò che si dovrebbe e per cui si è stati votati. Nel partito, sì, in questo partito, perché questa è la nostra casa, è la casa dei democratici, e state certi che lotteremo fino in fondo prima di farci cacciare da casa nostra. A questo punto non è più questione di primarie o di Partito Democratico, si tratta molto più semplicemente di combattere una giusta battaglia, e salvare così Paese e sinistra italiana da una situazione dalla quale, in caso contrario, non ci sarà alcuno scampo.

Succede a Bologna: http://youtu.be/49SauPRaFtg

Fonte: newsletter@civati.it

Non sono un “Trascinatore del sabato sera”

Questi sono i risultati nella mia Provincia dei Congressi Cittadini:

Cuperlo: 1.396 voti  36.87%
Renzi:     1.819 voti  48.05%
Pittella:      388 voti  10.25%
Civati:        183 voti    4.83%

Il risultato della Mozione Civati è in linea con le aspettative.

Altri voti si potevano unire ai nostri, ma le/i Compagne/i hanno voluto fare altre scelte.

Non mi sento tradito o arrabbiato,  ma deluso sì.

La delusione  non nasce dal non essere stato ascoltato, perché sono consapevole dei miei limiti di leadership e di non essere “un trascinatore del sabato sera”.

Però non comprendo le “logiche” politiche che li hanno portati a votare certi candidati, conoscendo le opinioni di molti…  ma forse mi illudevo di conoscerle.

Difficile, a questo punto molto, comprendere come si possa professare la realizzazione di un diverso modo di vivere la Politica, auspicare un Partito mosso da  logiche diverse da quelle attuali e poi rinnegare tutto con una semplice e banale  “X”.

Difficile, forse impossibile, spiegare ai simpatizzati-non tesserati del Pd che pubblicamente condanniamo “le correnti” , ma poi alla prova dei fatti mettiamo in atto cinicamente i loro riti tribali.

Difficile, e qui ci rinuncio proprio, far comprendere a chiunque che nel mio Partito ci siano persone desiderose di discussioni basate sulle “idee”, ma poi (forse) non hanno letto tutte e quattro le mozioni.

Ripeto: non denigro il loro voto, legittimo e sacrosanto, ma non lo comprendo e non vedo “le basi politiche”  per costruire qualcosa di buono.

Vedo solo un radicamento al presente, perché quello che c’è aiuta a consolidare le posizioni conquistate “per attrazione fatale” con Tizio e Caio.

Alla fine della giostra, mi sono reso conto che per molti lo slogan “Cambiare le cose cambiandole” non era un incitamento, ma un “segnale di pericolo”.

Ne prendo atto e lo accetto, ma scusatemi se da oggi con alcune persone prenderò il caffè con una “simpatica ed allegra indifferenza sul loro destino politico”.

Compio già abbastanza errori da solo, non ho le spalle larghe per farmi carico anche di quelli degli altri.

E il bello è che potrebbe succedere. Dipende da voi.

PER IL SUD. 

Un Partito Democratico che deve ripartire dal sud, proprio da dove è partita la campagna congressuale di Civati.

Dalla Campania della Terra dei Fuochi, dall’Abruzzo ancora alle prese con il terremoto de L’Aquila, dalla Sicilia, da dove è esploso prima di ogni altra regione lo scandalo delle tessere Pd.

Quel Sud a cui, come ha scritto Corradino Mineo, “non servono piagnistei né una visione omeopatica della politica per cui sarebbe sempre meglio affidarsi a vacche e Razzi dei paesi tuoi.

Il Sud ha bisogno di un Pd nuovo, che combatta l’inciucio.

Di un Pd che voglia liberarsi dei notabili, dei signori delle tessere e degli amministratori che somigliano troppo ai boss del luogo. 

Un partito capace di attrarre ragazze e ragazzi che sognano di cambiare il mondo, non di giovanotti troppo presto divenuti vecchi che entrano in un circolo per far carriera”.

LA QUESTIONE MERIDIONALE oggi postula una rottura di continuità, esige coraggio e fiducia nel futuro.

Perciò, scrive ancora Mineo, io, siciliano, figlio, nipote, pronipote di Siciliani, alle primarie voterò Pippo Civati.

Perché il Sud cambi, finalmente, cambiandolo.

Ricordandoti di aiutarci a far crescere la nostra comunità e di sostenere la nostra campagna, ecco di seguito il messaggio di Pippo a chi si sta mobilitando in questo giorni nei circoli e si attiverà da qui alle primarie aperte dell’8 dicembre.

OGGI È UN GIORNO NUOVO.

Il 9 dicembre mi alzerei presto e andrei a Bologna, per prima cosa, per dare una tessera a Romano Prodi. Una tessera Gold per il 2014.

Non è detto che accetterebbe, ma è necessario provarci.

CON SEL. 

Nel pomeriggio, chiederei un incontro ai gruppi parlamentari di Sel, per sottoscrivere ancora la carta d’intenti che facemmo firmare a tre milioni di persone giusto un anno fa, anche se sembrano passati secoli.

E proporrei loro di fare un unico partito del centrosinistra, che farebbe bene sia al Pd sia a Sel.

LEGGE ELETTORALE NUOVA. 

Chiederei a Enrico Letta e ai ministri, viceministri e sottosegretari del Pd di incontrarci e parlarci francamente, sulla base delle indicazioni ricevute dagli elettori delle primarie.

Sulla legge elettorale, per prima cosa (perché avremmo dovuto votare il ritorno al Mattarellum quando arrivò alla Camera, ormai sei mesi fa) e su un messaggio da dare sull’uguaglianza, subito, senza perderci in miliardi di mediazioni confuse e spesso fallimentari.

TAGLIO ALLE PENSIONI D’ORO. 

Chiederei un appuntamento a Giuliano Amato, per capire se lui non intenda dare l’ottimo esempio e rinunciare a due delle sue tre pensioni.

E se dal punto di vista costituzionale i diritti acquisiti di chi sta bene non possano trovare un equilibrio con i diritti acquisiti (e negati) a chi sta male.

TAGLIO AI COSTI DELLA POLITICA. 

Lancerei una campagna di moralizzazione totale della politica, a cominciare dai costi degli enti locali per arrivare al Parlamento. 

Chiederei ai parlamentari del Pd di rinunciare a un terzo dello stipendio, non per darlo al Pd come fanno ora, ma per lasciarlo alla Camera e al Senato.

E a chi tra loro abita a Roma di considerare se è il caso di percepire una diaria analoga a quella che riguarda i parlamentari che abitano nel Sud-Tirolo o in provincia di Nuoro.

NUOVA CLASSE DIRIGENTE PD. 

Ovviamente farei tutto quanto dopo avere sentito Cuperlo e Renzi e anche Pittella, perché mi sembra giusto fare così. E chiederei loro di indicarmi le persone migliori con cui costruire insieme il nuovo Partito democratico, che premi il merito e non l’appartenenza a questa o a quella corrente. La qualità e non la fedeltà.

CON FABRIZIO BARCA. 

Verso sera, come in quel film, offrirei un bicchiere di vino a Fabrizio Barca, per quello che ha fatto in questi mesi, restituendo alla politica il sapore antico dello studio e della riflessione ‘lunga’: gli chiederei di guidare un centro studi formidabile, all’aria aperta, diffuso sul territorio nazionale e autonomo: autonomo rispetto alla quotidianità della dichiarazione continua di tutti su tutto e autonomo rispetto alla mia stessa segreteria.

Perché è così che si ragiona meglio, quando le persone possono dare il meglio di sé, senza condizionamento alcuno.

E POI, SULLA STRADA. 

Personalmente, rifletterei sul fatto se sia giusto rimanere in Parlamento o se non sia meglio dedicarsi esclusivamente al lavoro di segretario, anche perché dovremo girare molto con il nuovo gruppo dirigente (nuovo perché, senza toni eccessivi, lo cambieremo tutto, e spero si sia capito).

Sui luoghi di lavoro, per prima cosa, in tutta Italia, in un viaggio tra piccole aziende e grandi stabilimenti, nelle startup e nei call center, nelle fabbriche e nei centri di ricerca.

Dove le cose vanno bene e dove purtroppo le cose vanno malissimo. E dovremo stare la maggior parte del nostro tempo nella provincia del Paese, dove tutti o quasi si sentono lontani, non solo geograficamente, dai luoghi dove si prendono le decisioni.

Fonte: newsletter@civati.it

Un Circolo non fa primavera….

Ecco i risultati parziali regione per regione del voto degli iscritti:

Abruzzo: 

Cuperlo 37,7%, Renzi 33,1%, Civati 27,8% 

circoli pervenuti: 4

Basilicata: 

Pittella 41,9%, Cuperlo 35,8%, Renzi 18,8%, Civati 3,4%, 

circoli pervenuti: 12

Emilia-Romagna: 

Renzi: 43,8%, Cuperlo 41,0%, Civati 14,4%, Pittella: 0,9%, 

circoli pervenuti: 142

Estero:

Civati: 38,0%, Renzi 31,9%, Cuperlo 28,3%, Pittella 1,2%, 

circoli pervenuti: 12

Friuli Venezia Giulia: 

1281 Renzi 51,9%, Cuperlo 31,7%, Civati 15,5%, Pittella 0,9%,

circoli pervenuti: 57

Lazio:

Civati: 50,0%, Cuperlo 41,7%, Renzi 8,3%, 

circoli pervenuti: 2

Lombardia: 

Cuperlo: 43,4%, Renzi 38,4%, Civati 16,2%, Pittella 2,0%, 

circoli pervenuti: 35

Marche: 

Renzi: 43,3%, Cuperlo 28,6%, Civati 24,2%, Pittella 3,9%, 

circoli pervenuti: 16

Piemonte: 

Renzi 44,9%, Cuperlo 40,4%, Civati 13,7%, Pittella 1,0%, 

circoli pervenuti: 12

Sardegna:

Cuperlo 46,3%, Renzi 32,5%, 20,9%, Pittella 0,3%, 

circoli pervenuti: 20

Sicilia:

Cuperlo 99,2%, Civati 0,8%,

circoli pervenuti: 2

Toscana: 

Renzi 54,7%, Cuperlo 34,7%, Civati 9,9%, Pittella 0,7%, 

circoli pervenuti: 30

Trentino Alto Adige:

Renzi 39,2%, Cuperlo 30,4%, Civati 29,5%, Pittella 0,9%, 

circoli pervenuti: 14

Umbria: 

Renzi 71,4%, Civati 28,6%, 

circoli pervenuti: 1

Veneto: 

Renzi 41,8%, Cuperlo 35,3%, Civati 22,2%, Pittella 0,7%, 

circoli pervenuti: 33

Civati e la sua proposta di riforma elettorale

La riforma della legge elettorale è prioritaria.

La soluzione più semplice è il ritorno alla legge Mattarella; è comunque preferibile il sistema maggioritario (a due turni) con collegi uninominali, completato da primarie di collegio.

La riforma della legge elettorale è una priorità assoluta ed è scandaloso che non si sia ancora intervenuti per cambiarla una volta per tutte.

Dopo le ultime elezioni, che hanno prodotto un Senato diviso tra tre principali minoranze e una Camera con una maggioranza del tutto artificiosa (il numero dei seggi del centrosinistra è stato quasi doppio rispetto ai voti ottenuti), ci si sarebbe dovuti aspettare una rapida riforma elettorale per tornare al voto.

Invece, si è tentato a lungo di rinviare una legge elettorale a un momento successivo alla revisione dell’intera seconda parte della Costituzione, che sarebbe intervenuta non prima di diciotto mesi.

Soltanto più di recente ci si è resi conto che la possibilità di una fine anticipata della legislatura consigliava di anticipare la riforma elettorale. All’inizio di agosto è stata quindi votata la procedura d’urgenza, ma ancora non si sono fatti molti passi avanti.

Il riavvicinamento dei cittadini a istituzioni che siano davvero piena espressione di una legittimazione popolare, da mantenere anche attraverso un’azione di governo realmente stabile ed efficiente, passa attraverso una legge elettorale in grado di rispettare e valorizzare la forma di governo parlamentare prevista dalla nostra Costituzione.

La soluzione più semplice – presente nella maggior parte delle proposte presentate in questa legislatura (perfino da Calderoli!) – sarebbe il ritorno alla legge Mattarella, legge maggioritaria con una limitata quota proporzionale.

Le difficoltà di funzionamento di quella legge, comunque largamente minori di quelle prodotte dal sistema vigente, si sono concentrate essenzialmente sulle modalità di attribuzione della quota proporzionale alla Camera (per listini bloccati di partito) con relativo sistema dello “scorporo”.

Il sistema del Senato risultava più lineare ed evitava una vera e propria concorrenza interna alla coalizione, favorendo un percorso verso un autentico bipolarismo.

Inoltre, quel sistema consentiva anche ai candidati al maggioritario che, magari in collegi “difficili”, avessero comunque riportato un bel risultato in termini di consenso di poter essere premiati attraverso il recupero proporzionale nell’ambito della circoscrizione regionale.

Più in generale, tuttavia, può nuotarsi come i sistemi incentrati sul sistema uninominale siano quelli maggiormente in grado di recuperare il rapporto tra elettori ed eletti, valorizzando il legame con il territorio.

L’elettore, infatti, vede bene per chi vota e sceglie il suo rappresentante, cosicché le elezioni non diventano un mero confronto tra leader da giocare solo in alcuni talk-show televisivi.

Il legame con gli elettori e il superamento della loro disaffezione nei confronti del voto sarebbe certamente aumentato, poi, dalla previsione di elezioni primarie per la scelta dei candidati nei collegi.

E il ruolo dei partiti non sarebbe quello di nominare i parlamentari, ma di selezionare una classe dirigente attraverso il protagonismo dei sostenitori e degli elettori in generale.

I punti su cui quindi la nuova legge elettorale dovrebbe svilupparsi sono:

• fino a che entrambe le Camere daranno la fiducia al Governo, previsione di uno stesso sistema elettorale per i due rami del Parlamento, entrambi votati sin dal raggiungimento della maggiore età;

• collegi uninominali, tali da consentire una chiara individuazione dei rappresentanti e una migliore qualità di questi ultimi;

• attribuzione dei seggi con metodo maggioritario (l’optimum sarebbe a due turni), in modo da favorire la formazione di una chiara maggioranza, capace di efficaci scelte di governo con possibile parziale compensazione a favore degli sconfitti che abbiano comunque riportato buone percentuali di consenso attraverso il ripescaggio a livello circoscrizionale o regionale dei migliori dei non eletti (secondo il modello del Mattarella al Senato);

sistema di elezioni primarie, rimesso alla scelta dei partiti, ma comunque disciplinato con legge, per la selezione dei candidati nei collegi uninominali;

• legislazione di contorno in grado di assicurare una effettiva parità di accesso ai mezzi di comunicazione di massa e di prevedere adeguate cause di incandidabilità e ineleggibilità.

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)

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