#Civati: Un partito ospitale

Un partito che riconosca la propria parzialità, che riconosca il valore dei movimenti e dei soggetti sociali portatori di innovazione in campo culturale, civile e politico.

La politica non si fa solo nei partiti, e questo un grande partito dovrebbe riconoscerlo immediatamente.

Negli ultimi anni, dalle campagne referendarie ad alcune battaglie sindacali, dalle associazioni che si battono per il riconoscimento dei diritti a quelle che si occupano di cittadinanza, molte novità non sono venute dal Palazzo, ma dalla piazza e dalla società nel suo complesso.

Non siamo all’anno zero. Lo Statuto del Pd contiene già norme e strumenti che, se azionati e attuati, sono in grado di delineare un’identità democratica nuova per l’Italia.

Ma questo ancora non è stato fatto ed è molto grave.

Partendo ciò che già esiste la nostra prima proposta deve puntare su un forte rilancio dei circoli del Partito democratico.

I circoli devono essere “vivi” e riconoscibili sul territorio e gli eletti del Pd, in qualsiasi carica istituzionale, devono partecipare alla vita del Circolo di appartenenza al fine di garantire la massima trasparenza sui processi decisionali e sulle pratiche di governo.

I circoli dovrebbero considerarsi luoghi di confronto e di elaborazione politica per tutti i cittadini, iscritti e non iscritti (si veda il progetto dei «Circoli aperti» a Bologna o l’attività del Circolo Copernico di Cagliari), e puntare ad essere soggetti attivi per la condivisione delle scelte e per la diffusione delle informazioni.

Nei circoli democratici i cittadini attivi devono sentirsi a casa loro, poter partecipare alle attività e condividere esperienze e competenze.

È necessaria la sperimentazione di nuove modalità di adesione, con la possibilità per i non iscritti di accedere ad un nuovo sistema di diritti-doveri.

Occorre riflettere sul fatto che la richiesta di adesione al partito è in calo ma che per contro la richiesta di partecipazione da parte di un elettorato sempre più istruito e informato è forte (soprattutto tra i giovani).

Sono persone, gruppi e associazioni attivi anche semplicemente temi specifici, a cui il partito deve dare accoglienza in un processo di elaborazione che abbia casa nei circoli.

Questi soggetti a un lato devono poter avere piena cittadinanza nel circolo, con ampia libertà d’iniziativa e decisionale sui progetti in cui sono coinvolti.

I referendum devono essere resi più accessibili abbassando i quorum per azionarli.

Potranno essere di due tipi: consultivi su alcuni grandi temi (con il coinvolgimento di tutti gli elettori), deliberativi per i soli iscritti.

Ciò che è decisivo però è che la consultazione degli iscritti divenga parte dei processi decisionali ordinari secondo l’ormai acquisita descrizione riconducibile al termine di doparie, in modo da interagire con l’agenda dei diversi organismi dirigenti.

Quando nel 2012 si presentò la possibilità di indire sei referendum consultivi tra gli elettori del Pd, le risposte furono timide, per usare un eufemismo.

Eppure si trattava di reddito minimo, di legalità, di diritti civili, di consumo di suolo.

Tutti temi che hanno poi avuto un ruolo decisivo nella campagna elettorale di questo inverno. Averli sottovalutati è stato un errore imperdonabile.

Le informazioni e i documenti devono essere accessibili con un congruo anticipo rispetto alla convocazione delle sedi deliberanti.

Sarà banale, ma oggi raramente è così. Per questo le riunioni dei diversi Organismi in cui è organizzato il Partito democratico (Direzioni, Assemblee, Direttivi) dovranno essere rendicontate e tutta la documentazione a corredo delle diverse Assemblee (convocazione, OdG, documenti allegati, verbali) dovrà essere pubblicata sul sito del Partito.

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)

#Civati: Un partito ospitaleultima modifica: 2013-10-25T18:00:00+02:00da eug-martello64
Reposta per primo quest’articolo