La fiducia e la speranza – per l’Italia del dopo

Giuseppe Civati e Massimiliano Panarari pubblicano in esclusiva su The Week il loro manifesto che riporto di seguito…

14 dicembre 2010: un piccolo manifesto nel giorno della ‘crisi’, mentre  (si) contano i parlamentari ma contano molto poco la vita delle persone e il destino del Paese.

 

Con la convinzione che la fiducia non si ottiene comprando un parlamentare o augurandosi che quello stesso parlamentare il mutuo se lo paghi da solo (perché non basta nemmeno quello e spero che ora sia chiaro a tutti). La fiducia è quella da restituire (proprio così, restituire) ai cittadini. Verso la politica e verso il loro e nostro Paese.

 

Non contro, ma oltre, insomma. Sembra uno slogan, ma non lo è. È un’esigenza e, insieme, un’indicazione di percorso. Non possiamo perderci all’inseguimento dei minuetti che avvengono all’interno dei cosiddetti palazzi del potere. Dobbiamo segnalare a tutti, e prima di tutto a noi stessi, che siamo di fronte a un passaggio che potrebbe essere (in senso tecnico) epocale. Che potrebbe aprire a una fase nuova, per dirlo in politichese (il linguaggio che a noi piace di meno). Che potrebbe condurre a un cambiamento di paradigma, se preferite l’epistemologia. E che ha bisogno di essere analizzato, compreso, e raccontato ricorrendo alle parole ‘giuste’.

 

Ci pare chiaro che lo schieramento progressista vincerà solo assumendo il senso della sfida. E siamo consapevoli che si tratta di uno sforzo titanico, perché riguarda il piano culturale prima di quello politico.

 

L’analisi c’è. Dal punto di vista della critica culturale e dei tempi, ci si può ritrovare nelle riflessioni di Franca D’Agostini (La verità avvelenata), Gustavo Zagrebelsky (Sulla lingua del tempo presente) e Gianrico Carofiglio, sull’uso delle parole e la loro Manomissione.

 

Il “berlusconismo” non è un’invenzione. Lui non è nemmeno populista come altri: spiega Simona Guerra, è un affarista. E le cose che ha fatto, non le ha nemmeno concepite per primo, a partire dalla tv e dal neoliberismo e turbocapitalismo che ha perfettamente innestato in una logica di sottopotere e sulla struttura clientelare che già reggeva da tempi lunghissimi, ahinoi, le sorti della politica italiana. Lui ci ha aggiunto solo l’egemonia sottoculturale costruita a colpi di tv, et voilà il catastrofico “miracolo italiano”.

 

Ma gli italiani non sono irrazionali, sono lucidi, e quando si tratta di interessi lo sono in maniera particolare. Bisognerebbe provare, almeno una volta, a spiegare loro che l’interesse di tutti è utile anche all’interesse di ciascuno.

 

«Da solo non ti salvi», scrive in un appello un gruppo di giovani italiani. E quando si parlò di utilitarismo, si pensava all’utile di tutti, non al tuo, a danno del vicino. Quella è la Arcore’s version, che, a sua volta, è la traduzione dall’inglese degli anni Ottanta. Siamo solo arrivati con ritardo, come al solito, e con ritardo usciremo da questo schema.

 

Ci servono idee e parole nuove per dare aria pulita al Paese. E per restituire speranze e desiderio di futuro alle generazioni dei più giovani (come pure a quelli che hanno qualche anno in più).

E ci serve un’operazione di igiene cognitiva e linguistica, per il bene comune, per il bene del Paese.

 

E, allora, ripartiamo dalle parole. Parole come lavoro e conoscenza. Perché devi studiare e essere aiutato a farlo. Globalizzazione. Se hai paura dell’indiano che ti munge la mucca, allora non ti rendi conto che dovrebbe farti più paura (per capirci) l’indiano che cresce nel suo Paese. Se pensi ai mercati emergenti, pensali anche come emergenti (più di noi) ma anche come mercati (che a noi potrebbero interessare).Risparmio. Perché un Paese deve ridurre gli sprechi pubblici, burocrazia e energia per prima cosa. Lealtà. Perché la concorrenza sleale uccide, da un continente all’altro, ma anche tra vicini di casa. Trasparenza, perché hai perso il controllo dei tuoi soldi e del tuo lavoro e del tuo ruolo di cittadino. Autogoverno e responsabilità. Perché deve cambiare la politica, profondamente, il suo linguaggio, il suo modo di rappresentarsi.

 

Tutto ora è fintamente enfatico, perché non succede nulla.

 

Uno sguardo sul futuro, il 14 dicembre, comunque vada.

 

Come sarà l’Italia nei prossimi anni? Ce lo siamo mai chiesti davvero?

 

È arrivato il momento di progettarlo, a partire dalle parole e dai pensieri.

 

Noi ci impegniamo a raccoglierli, per provare a raccontare quello che succederà, da domani in poi. Cinque cartelle, che abbiamo chiesto a chi in questi anni si è interrogato in questi anni, per capire come si può superare questo periodo, e a chi vorrà farlo con noi.

 

Giuseppe Civati e Massimiliano Panarari

Prossima fermata

Intervista a Pippo Civati

Ospite di Federico Guiglia il consigliere regionale del PD in Lombardia, e leader, con Matteo Renzi, della generazione dei cosiddetti “rottamatori”.

Civati parlerà dell’attualità politica a Roma e a Milano, e delle nuove iniziative dei giovani “ribelli” dopo l’incontro nazionale a Firenze (qui)

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