Oggi riteniamo l’inceneritore una tecnologia obsoleta e superata (come dimostrato dall’esperienza di Reggio Emilia): smaltire i rifiuti non può più essere la priorità quando in alcune realtà locali si raggiungono percentuali vicine al 90% di raccolta differenziata e si sta sviluppando sempre più un’economia del recupero della materia.
Non è sempre stato così, negli anni passati l’inceneritore spesso ha sostituito decine di piccole discariche non controllate e generatrici di danni alle falde acquifere e al sottosuolo per i decenni successivi.
In un’Europa che consuma per ogni cittadino 50 tonnellate all’anno di risorse naturali non possiamo più limitarci a garantire una “sicurezza dello smaltimento”.
Alla base di tutto ci devono essere politiche comunitarie e nazionali che promuovano la riduzione di rifiuti alla fonte.
Dobbiamo poi adottare sistemi di raccolta, politiche di riuso e recupero e filiere economiche per il riciclaggio orientati a eliminare completamente lo smaltimento negli inceneritori.
È evidente che dovrà esistere una fase di transizione, ma dobbiamo aver chiaro l’orizzonte di riferimento.
Servono strumenti come la tariffa puntuale (per pagare in base a quanto si invia a smaltimento), i piani per il decommissioning e la riconversione ecologica degli inceneritori, un sistema di incentivazione che sostenga i sistemi di raccolta e gli impianti finalizzati al recupero della materia.
È una scelta che presuppone una visione, un’idea di società. Occorre guardare a un interesse generale e di lungo periodo che sia capace di “forzare la mano” alle tentazioni del guadagno immediato e di una rendita fatta solo per dare risposte al presente.
Se esiste un campo in cui il tema delle disuguaglianze non riguarda solamente la dimensione economica e spaziale del presente è proprio l’ambiente: il prezzo degli errori di oggi crea una disuguaglianza ancora più pesante e difficilmente reversibile nel futuro.
(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)