Non si tratta di sostituire il rapporto diretto tra gli iscritti con la rete, ma di integrare i due aspetti facendo diventare il web uno strumento ordinario di consultazione, di accesso ai documenti e alle informazioni, di condivisione delle decisioni, di verifica, nonché di ascolto e di consultazione.
La rete riduce le distanze, mette in comunicazione direttamente circoli e militanti anche di territori molto lontani tra loro, può consentire la condivisione di documenti e di campagne, di buone pratiche e di conoscenze che altrimenti faticherebbero a emergere nel dibattito pubblico.
La politica, come la felicità, è reale solo se è condivisa.
La rete può essere una delle principali porte di accesso al Pd in un sistema che sia aperto a tutti i cittadini e che riservi agli iscritti compiti specifici connessi con il loro ruolo.
Il ricorso sistematico alla consultazione sulle scelte politiche, come già detto, dovrebbe diventare la base sulla quale i gruppi dirigenti predispongono le discussioni negli organismi di partito.
È altrettanto importante la possibilità conferita alla base dalla rete di far emergere proposte in termini di quesiti, programmi e candidature.
A tal proposito si è parlato molto del «metodo Schulze», dove oltre ai candidati possono essere proposti i contenuti e quindi lasciati emergere con una votazione progressiva.
Se n’è parlato a proposito di Liquid Feedback e della piattaforma messa a punto dal Piratenpartei in Germania, utilizzata anche per sintetizzare i programmi elettorali.
Una sperimentazione in questo senso è possibile, anche per un grande partito come il Pd.
Per avere un partito leggero, ci vuole un partito organizzatissimo, anche se con forme nuove e meno burocratiche e gerarchiche.
Non ha funzionato il partito solo liquido, né quello troppo solido, perché l’equivoco è che per fare il primo ci vuole il secondo.
Per fare la rete, ci vuole la presenza territoriale.
E per stare nelle comunità, ci vuole una rete accessibile e trasparente.
(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)