Dalla crescita alla conversione ecologica – Più lento, più profondo, più dolce

L'Altra Europa con Tsipras    Francuccio Gesualdi 

Non c’è da stupirsi se l’attenzione delle istituzioni finanziarie, dal Fondo monetario internazionale, alla Banca centrale europea è tutta concentrata sui tassi di crescita dell’economia col chiaro intento di mettere i paesi in gara fra loro affinché si impegnino a correre l’uno più veloce dell’altro.

La loro preoccupazione è per le banche, le assicurazioni, i fondi di investimento, in una parola per i creditori degli stati che avranno tante più possibilità di incassare interessi e capitali quanto più alti saranno i gettiti fiscali.

E poiché i gettiti fiscali sono direttamente dipendenti dai prodotti interni lordi, tutti tifano per la loro crescita, alla stregua di Aronne e Cur che tenevano le mani alzate a Mosé come segno propiziatore della vittoria dell’esercito ebraico contro Amalek.

Asservita la crescita alle esigenze della finanza, si è rafforzato il vecchio concetto di Pil inteso come mero concetto quantitativo che non presta nessuna attenzione a come è ottenuta la ricchezza, a come è composta, a come è suddivisa, a vantaggio di chi è utilizzata.

Se il problema è avere sempre più ricchezza per garantire rendita crescente all’1% che oggi domina il mondo a che prò preoccuparsi se si produce roba utile o inutile, di pace o di guerra, al servizio dei cittadini più bisognosi o dei superricchi, in condizione di dignità o di sfruttamento del lavoro, per l’economia locale o lontani mercati esteri, secondo tecniche di risparmio o di dissipazione energetica, nel rispetto della salute dei cittadini o nel loro più totale dispregio?

Tutte queste domande sono perfettamente inutili per chi ha l’attenzione sul denaro e non sulle persone.

Ma i danni di questa impostazione sono sotto gli occhi di tutti.

Mentre stiamo raschiando il fondo del barile di molte materie prime non rinnovabili o scarsamente rinnovabili (petrolio, acqua, minerali rari) ormai ce la vediamo brutta anche per ciò che concerne le risorse rinnovabili.

Mathis Wackernagel, direttore del Global Footprint Network, l’istituto che si occupa di impronta ecologica, tutti gli anni ci annuncia che finiamo i frutti della Terra ben prima del 31 dicembre.

Per l’esattezza nel 2013 questo limite l’abbiamo superato il 20 agosto.

Finiti i frutti, abbiamo chiuso l’anno a spese del “capitale naturale”: invece che vitelli abbiamo cominciato ad abbattere mucche, invece che pesci figli, abbiamo mangiato pesci madre, invece che raccolti agricoli, abbiamo consumato i semi.

Secondo il Wwf il nostro consumo di natura supera del 30% la capacità rigenerativa della terra, di questo passo fra il 2030 e il 2040 avremo bisogno di due pianeti.

Chiunque abbia conservato un barlume di capacità di analisi e di senso critico sa che è necessario pensare in termini di alternativa. L’economia della persona è l’alternativa che dobbiamo costruire in antitesi all’economia delle multinazionali e della finanza.

E poiché la buona vita non dipende solo dalla ricchezza materiale, ma anche da un ambiente salubre, da ritmi di vita sereni, da una buona vita di relazione, dovremo riscrivere tutto: premesse, principi, obiettivi, strategie.

L’impostazione mercantil-finanziaria mira all’accumulazione di denaro e ha fondato l’economia dei volumi. Volumi di produzione, di fatturato, di profitto, di costi.

L’economia della persona mira alla felicità, per cui deve fondare l’economia della qualità. Qualità della vita, dell’ambiente, del lavoro, della partecipazione.

Una trasformazione che Alex Langer aveva già sintetizzato magistralmente nel suo discorso del 1° agosto 1994 ai Colloqui di Dobbiaco: “Sinora si è agiti all’insegna del motto olimpico citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa che potremmo forse sintetizzare, al contrario in lentius, profundius, suavius (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.”

La domanda chiave dell’economia della finanza è “quanto?”. La domanda chiave dell’economia della persona è “come?”.

Come organizzare l’abitare per favorire la convivialità, come organizzare il soddisfacimento dei nostri bisogni inserendoci nei cicli naturali, come organizzare le attività produttive in modo da favorire l’occupazione locale e ridurre gli spostamenti di merci, come riorganizzare il trasporto per ridurre l’impatto ambientale, come riorganizzare il consumo in modo da ridurre l’uso di risorse e la produzione di rifiuti, come trasformare i rifiuti in ricchezza, come distribuire la ricchezza per garantire equità e inclusione sociale, come gestire i beni comuni per la sicurezza e i bisogni vitali di tutti, come organizzare la proprietà aziendale per favorire la partecipazione, come regolare i rapporti di lavoro per garantire dignità ai lavoratori, come riformare le regole del commercio internazionale per favorire le economie locali e proteggere i produttori più deboli.

Dalla capacità che avremo di dare risposte a questi quesiti dipenderà il nostro futuro.

Dalla crescita alla conversione ecologica – Più lento, più profondo, più dolceultima modifica: 2014-04-10T08:00:49+02:00da eug-martello64
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