#primalepersone

Oggi inizia ufficialmente la campagna elettorale de L’Altra Europa con Tsipras: l’appuntamento è a Milano, alle 18, in Piazza Affari davanti alla Borsa.

Dal palco ci saranno interventi di Barbara Spinelli, Moni Ovadia, Alice Graziano e Giuseppina Consoli.

Alle 17, sempre in Piazza Affari, Barbara Spinelli, Marco Revelli e Moni Ovadia terranno una conferenza stampa di inaugurazione della campagna elettorale.

Dalla crescita alla conversione ecologica – Più lento, più profondo, più dolce

L'Altra Europa con Tsipras    Francuccio Gesualdi 

Non c’è da stupirsi se l’attenzione delle istituzioni finanziarie, dal Fondo monetario internazionale, alla Banca centrale europea è tutta concentrata sui tassi di crescita dell’economia col chiaro intento di mettere i paesi in gara fra loro affinché si impegnino a correre l’uno più veloce dell’altro.

La loro preoccupazione è per le banche, le assicurazioni, i fondi di investimento, in una parola per i creditori degli stati che avranno tante più possibilità di incassare interessi e capitali quanto più alti saranno i gettiti fiscali.

E poiché i gettiti fiscali sono direttamente dipendenti dai prodotti interni lordi, tutti tifano per la loro crescita, alla stregua di Aronne e Cur che tenevano le mani alzate a Mosé come segno propiziatore della vittoria dell’esercito ebraico contro Amalek.

Asservita la crescita alle esigenze della finanza, si è rafforzato il vecchio concetto di Pil inteso come mero concetto quantitativo che non presta nessuna attenzione a come è ottenuta la ricchezza, a come è composta, a come è suddivisa, a vantaggio di chi è utilizzata.

Se il problema è avere sempre più ricchezza per garantire rendita crescente all’1% che oggi domina il mondo a che prò preoccuparsi se si produce roba utile o inutile, di pace o di guerra, al servizio dei cittadini più bisognosi o dei superricchi, in condizione di dignità o di sfruttamento del lavoro, per l’economia locale o lontani mercati esteri, secondo tecniche di risparmio o di dissipazione energetica, nel rispetto della salute dei cittadini o nel loro più totale dispregio?

Tutte queste domande sono perfettamente inutili per chi ha l’attenzione sul denaro e non sulle persone.

Ma i danni di questa impostazione sono sotto gli occhi di tutti.

Mentre stiamo raschiando il fondo del barile di molte materie prime non rinnovabili o scarsamente rinnovabili (petrolio, acqua, minerali rari) ormai ce la vediamo brutta anche per ciò che concerne le risorse rinnovabili.

Mathis Wackernagel, direttore del Global Footprint Network, l’istituto che si occupa di impronta ecologica, tutti gli anni ci annuncia che finiamo i frutti della Terra ben prima del 31 dicembre.

Per l’esattezza nel 2013 questo limite l’abbiamo superato il 20 agosto.

Finiti i frutti, abbiamo chiuso l’anno a spese del “capitale naturale”: invece che vitelli abbiamo cominciato ad abbattere mucche, invece che pesci figli, abbiamo mangiato pesci madre, invece che raccolti agricoli, abbiamo consumato i semi.

Secondo il Wwf il nostro consumo di natura supera del 30% la capacità rigenerativa della terra, di questo passo fra il 2030 e il 2040 avremo bisogno di due pianeti.

Chiunque abbia conservato un barlume di capacità di analisi e di senso critico sa che è necessario pensare in termini di alternativa. L’economia della persona è l’alternativa che dobbiamo costruire in antitesi all’economia delle multinazionali e della finanza.

E poiché la buona vita non dipende solo dalla ricchezza materiale, ma anche da un ambiente salubre, da ritmi di vita sereni, da una buona vita di relazione, dovremo riscrivere tutto: premesse, principi, obiettivi, strategie.

L’impostazione mercantil-finanziaria mira all’accumulazione di denaro e ha fondato l’economia dei volumi. Volumi di produzione, di fatturato, di profitto, di costi.

L’economia della persona mira alla felicità, per cui deve fondare l’economia della qualità. Qualità della vita, dell’ambiente, del lavoro, della partecipazione.

Una trasformazione che Alex Langer aveva già sintetizzato magistralmente nel suo discorso del 1° agosto 1994 ai Colloqui di Dobbiaco: “Sinora si è agiti all’insegna del motto olimpico citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa che potremmo forse sintetizzare, al contrario in lentius, profundius, suavius (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.”

La domanda chiave dell’economia della finanza è “quanto?”. La domanda chiave dell’economia della persona è “come?”.

Come organizzare l’abitare per favorire la convivialità, come organizzare il soddisfacimento dei nostri bisogni inserendoci nei cicli naturali, come organizzare le attività produttive in modo da favorire l’occupazione locale e ridurre gli spostamenti di merci, come riorganizzare il trasporto per ridurre l’impatto ambientale, come riorganizzare il consumo in modo da ridurre l’uso di risorse e la produzione di rifiuti, come trasformare i rifiuti in ricchezza, come distribuire la ricchezza per garantire equità e inclusione sociale, come gestire i beni comuni per la sicurezza e i bisogni vitali di tutti, come organizzare la proprietà aziendale per favorire la partecipazione, come regolare i rapporti di lavoro per garantire dignità ai lavoratori, come riformare le regole del commercio internazionale per favorire le economie locali e proteggere i produttori più deboli.

Dalla capacità che avremo di dare risposte a questi quesiti dipenderà il nostro futuro.

Il Def dei miracoli diventa il Def degli orrori

L'Altra Europa con TsiprasDal sito www.listatsipras.eu

Mentre persino il Fondo monetario internazionale avverte che la bassa crescita italiana, stimata in +0,6% per l’anno in corso e un incerto +1,1% per quello a venire (inferiore quindi a quasi tutti i paesi della Ue, compresa la martoriata Grecia), il nostro nuovo governo procede come su nulla fosse.

Il Def dei miracoli annunciato da Renzi è peggio del topolino partorito dalla montagna di promesse via twitter del Presidente del Consiglio.

Non vi è traccia neppure dei famosi pugni da battere sul tavolo della Ue, dal momento che non si parla di utilizzare il margine fino al 3% del deficit annuo.

D’altro canto il fiscal compact è alle porte e di fronte a questo non c’è finanza creativa che tenga – neppure quella del nuovo responsabile economico del Pd Taddei – ma solo la sua abolizione.

L’insieme del Def e del decreto Poletti sul lavoro dimostrano che l’unica novità è che dopo l’appannamento della propaganda su una impossibile austerità espansiva, il governo italiano abbraccia con decisione quella della precarietà espansiva.

Tutto viene puntato sulla integrale precarizzazione del rapporto di lavoro.

Il decreto Poletti contraddice persino le norme della Ue ed è quindi giusta la denuncia avviata dall’associazione dei giuristi democratici del governo italiano agli organi europei.

Il governo spera che privando di completamente di protezione, di formazione e di diritti i giovani e gli oltre tre milioni di disoccupati come per incanto le imprese tornino ad assumere.

Finge di non rendersi conto che in Italia da diversi anni la crescita del Pil è assai più bassa della media europea, mentre le ore lavorate per ogni singolo lavoratore sono altissime.

Ad esempio in Germania sono 1400 all’anno, in Italia 1800.

L’intensificazione dello sfruttamento di pochi e la disoccupazione e la precarizzazione di molti non fa ripartire l’economia.

Il tasso di variazione del lavoro temporaneo in Italia, tra il 1990 e il 2012, è del 164%, contro una media europea del 34,5%.

La stessa Irlanda, un altro dei paesi PIIGS, ha avuto un tasso di crescita del 19.7%.

E’ quindi già dimostrato che, come l’austerità espansiva, anche la precarietà espansiva è un puro imbroglio.

Naturalmente non manca il corredo delle solite privatizzazioni, già previste da Enrico Letta, e qui ribadite, a conferma di una linea di smantellamento del patrimonio pubblico, quello migliore e più utile in primis, che è l’unico che eventualmente può interessare ai centri del potere finanziario internazionale.

Ovviamente Renzi cerca di mascherare l’operazione non solo con i tweet ma con misure–ad effetto, come il tetto agli stipendi ai manager o l’incremento delle tassazioni sulle plusvalenze delle banche che realizzeranno a seguito del grazioso regalo – che tale resta – della rivalutazione delle loro quote in Bankitalia, per trovare una qualche copertura, oltre che dalla spending review che vuole dire licenziamenti nel pubblico impiego, alle famose 80 euro in più nella busta paga.

Che, come si vede, se ci saranno saranno pagate con lauti interessi da tutti i lavoratori e dai cittadini italiani.

Opposizione sindacale non pervenuta, anzi Angeletti (Uil) si dichiara pure contento!