Il Mezzogiorno

Il livello di povertà e di crisi del Mezzogiorno richiede sia interventi immediati che di lungo termine: un Piano di opere pubbliche, una migliore gestione dei fondi e l’attenzione al volontariato, che supplisce alle carenze dello Stato.

È fondamentale che il Partito Democratico sia in grado di proporre, in maniera del tutto autonoma e per nulla condizionato dalla moltitudine di ricostruzioni banali e di luoghi comuni, una propria interpretazione della crisi sociale e economica che attanaglia il Mezzogiorno, delle forme nuove e crescenti di povertà e di esclusione sociale che lo interessano, delle misure di breve e di medio periodo che possono cambiare le cose.

È bene ricordare che il declino del Mezzogiorno non deve essere attribuito all’insorgere della crisi finanziaria internazionale dell’ultimo quinquennio e alla sua propagazione al settore reale dell’economia.

Di certo la crisi amplifica il divario non solo tra le regioni meridionali e le aree più dinamiche dell’Europa, quanto anche palesa differenze profonde tra le capacità di reazione alla crisi delle regioni deboli.

E quelle meridionali risultano, incontrovertibilmente, tra le meno reattive.

Tuttavia la risoluzione di un problema che non è soltanto di priorità politica ma anche di natura culturale necessita elaborazioni graduali nel tempo;

il dramma è che il livello di povertà e di crisi del Mezzogiorno è tale da necessitare interventi non solo nel medio periodo ma anche nel breve termine, con la consapevolezza che la natura delle politiche immediate condiziona l’evolversi delle politiche successive:

la definizione di un piano di opere pubbliche che sia in grado di andare incontro alle necessità delle popolazioni meridionali;

la capacità della classe dirigente, a iniziare da quella del Partito Democratico, di gestire il maggiore afflusso di fondi e non dia adito, finalmente, a posizioni che di quella classe sottolineano la propensione a rendite e sprechi;

l’attenzione al silente lavoro del volontariato sul territorio che supplisce, invisibilmente, alle carenze di uno stato sociale ormai scomparso.

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)

Le fondazioni, le fondamenta e i fondamentali

E’ necessario superare le numerose fondazioni riferite ai singoli dirigenti e creare una fondazione di studio di tutto il Pd: un luogo di confronto tra approcci diversi, autonomo dalla segreteria e posto al riparo dalle convulsioni del dibattito politico quotidiano.

Per questo è opportuna la creazione di una Fondazione di studio sul modello della Stiftung della Spd che sia riconosciuta da tutto il Pd, e che superi le numerose fondazioni che oggi sono collegate a singoli dirigenti e rischiano di apparire solo come loro proiezioni personali, per non dire veri e propri comitati elettorali al servizio di questa o quella corrente.

In un’unica fondazione potranno confrontarsi tendenze culturali e approcci diversi senza preclusioni e condizionamenti.

Al riparo dalla chiacchiera e dalle convulsioni del dibattito politico quotidiano, questa sede dovrebbe operare in autonomia anche rispetto alla segreteria nazionale per offrire strumenti per raccontare i prossimi dieci e vent’anni, e non i dieci minuti che trascorrono tra un’agenzia di stampa e l’altra.

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)

La partecipazione e la rappresentanza

Partecipazione non è semplice disponibilità all’ascolto.

È necessario stabilire un autentico dialogo attivo con i cittadini per costruire insieme una democrazia orizzontale in cui paternalismo, verticismo, autoreferenzialità, trasformismo, opportunismo – vizi tipicamente italiani – dovrebbero essere visti come elementi appartenenti a un passato che non vogliamo ripetere.

A tale scopo dovremo riuscire a individuare e abbattere quelle barriere che oggi impediscono il dialogo, a cominciare dal linguaggio.

Perché se nella fase dell’analisi è scontato che i concetti siano espressi con il linguaggio che le discipline sociologiche, giuridiche, politologiche suggeriscono nello svolgimento del dibattito e nella comunicazione, bisogna fare uno sforzo per andare oltre superando il democratichese e le formule involute del politicismo che ci rendono oscuri.

Le parole sono importanti.

Elaborazione e comunicazione e partecipazione devono sempre andare insieme, se vogliamo cambiare le cose.

Il Pd deve, in primo luogo, promuovere una cultura del dialogo.

Viviamo in un mondo in cui nessuno può pensare di avere le conoscenze e il sapere per decidere da solo anche se siede al vertice delle istituzioni.

Nelle realtà sociali, nelle esperienze di cittadinanza attiva, c’è anche il sapere necessario per governare.

Il problema della governabilità del Paese o si pone in questi termini cioè utilizzando le competenze e i saperi che sono diffusi nella società in forme associative e in forma individuale (cioè tra le associazioni e tra i singoli cittadini) oppure questo Paese non è governabile.

Perché sono i molti a doversi organizzare e a questo deve soprattutto servire un grande partito.

Perciò, democrazia partecipativa e deliberativa s’impongono alla nostra attenzione.

Che cosa pensano gli iscritti al Pd dell’Imu, che ne pensano i suoi amministratori, chi ‘raccoglie’ la loro posizione? Che ne dicono gli elettori degli F-35 e della modifica cella carta costituzionale? Che strumenti hanno per partecipare a queste discussioni?

Mettere al centro il concetto di partecipazione significa, per esempio, che il prossimo segretario, in tema di Primarie, inserisca regole che non si limitino a designare candidati e candidato premier, ma riguardino anche l’elezione del gruppo dirigente e del segretario del partito ad ogni livello.

Analoga attenzione andrebbe rivolta alle “doparie”, per la consultazione periodica sulle scelte politiche.

Ancora, sarebbe opportuno promuovere una legge (come quella francese sul débat public) che renda obbligatorio il dibattito pubblico prima di deliberare l’opera, prima che il progetto parta.

Questo consentirebbe di rompere il perverso rapporto amministrazione-associazione, dato che le une e le altre da sole non rappresentano la totalità degli interessi pubblici.

Se ci fosse stata una legge così la discussione sulla Tav sarebbe stata un’altra cosa.

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)

Prepariamoci per “Un tranquillo week end da Pd”

Il brutto pasticcio del tesseramento gonfiato non si ferma qui. Non si ferma ai numerosi e vergognosi casi di irregolarità che, in queste settimane, in occasione dei congressi locali, hanno percorso l’Italia intera, dal profondo nord al profondo sud.

Il pasticcio continua con la decisione di bloccare il tesseramento lunedì 11: una decisione che rivela, ancora una volta, l’incapacità del Partito Democratico di gestire con linearità e fermezza i processi che avvengono al suo interno.

Giuseppe Civati durante la presentazione della candidatura a Segretario Pd

LO STOP AL TESSERAMENTO, concedendo questi ultimi tre giorni, non ci evita i problemi, che si concentreranno nel fine settimana, come già ci stanno segnalando da molte realtà.

E questa decisione non chiarisce cosa è successo e di chi siano le responsabilità.

Non possiamo bloccare le decisioni della maggioranza, ma non condividiamo un blocco del genere, che affronta i problemi tardi e senza risolverli.

UN TRANQUILLO WEEK END DA PD. 

Noi non abbiamo capibastone sul territorio.

Noi non abbiamo pacchetti di tessere in bianco.

Ma abbiamo una straordinaria risorsa: abbiamo le donne e gli uomini che possono fare la differenza, facendo le cose per bene, e di persona, appunto.

Ecco perché ti chiediamo di partecipare all’operazione “Un tranquillo weekend da PD”.

Tessera Pd #untranquilloweekenddaPD

PROPOSTA HARD. 

Se sei già tesserato al Partito Democratico ti chiediamo di fare passare #untranquilloweekenddaPD ad un amico, telefonandogli per convincerlo a fare “il grande passo”, ad accettare la nostra #propostahard, per accompagnarlo di persona, durante il fine settimana, a fare la tessera del Partito Democratico.

FAI LA TESSERA E RACCONTALO. 

Se il grande passo non l’hai ancora fatto, questo è il momento giusto.

Non ce ne saranno altri: recati nel Circolo del Partito Democratico più vicino a casa tua per fare la tessera. 

Racconta su Twitter e su Facebook #untranquilloweekenddaPD e segnala eventuali irregolarità. Abbiamo bisogno di te, contro i signori delle tessere e per cambiare il Partito Democratico.

 

Fonte: newsletter@civati.it


N.B. A Trani ci si potrà Tesserare presso il locale Circolo (Via Aldo Moro n. 22) Sabato 9 dalle 10 alle ore 12 e Domenica 10 dalle ore 18 alle ore 20.

Con lealtà, partecipazione e coraggio

Nei giorni scorsi si sono svolti i congressi locali del Partito Democratico, e in alcuni, purtroppo non isolati casi, la vergognosa pratica del tesseramento fasullo l’ha fatta da padrona.

Più volte abbiamo denunciato questo sistema, permesso fin dall’avvio del congresso da coloro che credevano di trarre benefici nei dispute locali pilotate.

La credibilità del Partito Democratico, già minata da una visione politica di respiro cortissimo, lotte intestine ipocritamente nascoste per interessi reciproci, dovrà essere ricostruita dal basso.

Per ricostruirla devi aiutarci e dare una mano a Giuseppe Civati.


Il tesseramento 2013 più volte sotto accusa.

BASTA CON I SIGNORI DELLE TESSERE.

Negli ultimi giorni abbiamo raccolto le gravi denunce che attraversano la Penisola, da Ragusa ad Asti.

Tesseramento a pacchetti, tessere ricaricabili, immigrati iscritti a loro insaputa, pratiche diffuse che i media raccontano con preoccupazione, ma senza approfondirne le gravità e le responsabilità.

Il Partito Democratico non riesce ad uscire dall’angolo in cui s’è cacciato, tra guerre degli stracci, autolesionismo e assenza totale di visione politica.

I numeri che scaturiscono dai congressi pilotati non hanno nessuna attinenza con l’umore del Paese e con la voglia di riscatto dei nostri militanti.

E lo vedremo alle Primarie dell’8 dicembre.

Aspettando le Primarie del Partito Democratico dell’8 dicembre

I GIOCHI SI DECIDONO ALLA FINE.

I circoli sul territorio e il consenso sui nuovi media in continua crescita dimostrano infatti che il nostro progetto è sulla strada giusta.

Continueremo proprio su questa stessa strada, con coerenza e coraggio, mentre il congresso entra nella fase nazionale.

La nostra struttura capillare, compatta e nello stesso tempo aperta a forze ed idee nuove, faranno la differenza.

Tutti siamo chiamati a costruire, e soprattutto a vigilare affinché non si ripetano ancora gli episodi vergognosi delle ultime settimane: le tessere si fanno una ad una, di persona personalmente, come dice Camilleri.

Giuseppe Civati a Pesaro, al termine della due giorni nelle Marche

NON CI ADEGUIAMO.

Siamo stati i primi a dire che le larghe intese sono un progetto fallimentare. E continuiamo a dirlo mentre intorno a noi si sgretolano le certezze dei 101 e dei loro tristi epigoni.

Continuiamo a dire che la politica è altro dal “non ci sono alternative”, è altro dagli F35, dalle larghe intese, dal taglio dell’Imu.

Vogliamo rifondare il nostro Partito Democratico, come un campo aperto che dia cittadinanza alla sinistra italiana e alle tradizioni popolari che hanno fatto grande questo Paese.

Giuseppe Civati a Pesaro

PROGETTO #CIVOTI.

Per dare forza al nostro progetto ti chiediamo di sostenerci, con la partecipazione e con un sostegno economico, anche piccolo.

A chi diceva che non avremmo potuto competere senza grossi finanziatori alle spalle, stiamo rispondendo con centinaia di donazione spontanee on-line che arrivano giorno dopo giorno.

Nessuno dietro, molti davanti per Giuseppe Civati

Fonte: newsletter@civati.it

Accesso basato sulla formazione, non sulla precarietà

l mercato del lavoro, basato su un dualismo inaccettabile, deve porre termine alla discriminazione dei giovani garantendo un accesso basato sulla formazione e non sullo sfruttamento della precarietà.

Si deve tradurre nei fatti la formula, semplice e chiara, lanciata con il programma di Italia Bene Comune: il lavoro flessibile e discontinuo deve costare più di quello stabile. Altrimenti significa precarietà.

Equa distribuzione dei redditi e equa remunerazione (il “lavoro di qualità”) devono andare di pari passo.

Nei dieci anni in cui è stata al Governo la destra ha mirato sistematicamente a ridurre e, in più di un caso, eliminare ogni forma di tutela normativa e di regolazione degli accessi.

La pretesa era che si sarebbe reso più facile l’accesso al lavoro con un conseguente aumento di occupazione.

Invece, l’occupazione è rimasta al palo, è peggiorata per i giovani, in particolare nel Sud.

Più di 2/3 delle assunzioni sono a tempo, di breve durata, è dilagato un lavoro formalmente autonomo privo di autonomia sostanziale, senza potere contrattuale.

Per l’obiettivo di un lavoro di qualità ed equamente remunerato occorre creare un adeguato sistema di convenienze per premiare il ricorso lavoro stabile ed introdurre contrappesi nei contratti flessibili.

• diminuire, già nell’immediato, le tasse sui redditi da lavoro;

• alleggerire gli oneri indiretti (fiscali e contributivi) sul lavoro stabile, IRAP e IRES, e contributivi (senza pregiudizio del montante INPS) sul lavoro stabile, in quanto rapporto ”tipico”;

• introduzione nei contratti flessibili di contrappesi attraverso la contrattazione (parametri retributivi, formazione, tutele e diritti): introduzione del contratto unico di inserimento; modello standard di accesso per i giovani, con apprendistato professionalizzante, con una durata minima e massima fissata nella contrattazione, tipologie di prestazioni, garanzie per l’effettivo contenuto formativo, esigibilità contrattuale della qualificazione conseguita: in generale, non uscire dalla scuola senza esperienze di lavoro, non entrare al lavoro senza formazione iniziale;

• un salario minimo definito tramite accordo interconfederale sulla base dei minimi contrattuali vigenti nella contrattazione di categoria

Negli anni del Governo della destra abbiamo assistito a un’offensiva su più fronti (welfare, diritti sul lavoro, previdenza) che ha portato a un sensibile regresso.

Si deve cambiare strada: scommettere sul dialogo tra le parti sociali senza impedire il conflitto ma impegnando le istituzioni per favorire un suo esito funzionale agli interessi generali (sviluppo equo e sostenibile, coesione sociale).

Promuovere un’impresa attenta ai fini sociali, con modelli di gestione aperti alla partecipazione dei lavoratori e un sindacato la cui rappresentatività sia basata (e misurata) su regole democratiche e trasparenti.

In base all’accordo sindacati-Confindustria sui livelli di contrattazione (oltre a parti dell’accordo per Expo 2015) e al pronunciamento della Consulta sull’art. 19 esistono le condizioni per definire, concertandola con le parti sociali, una legge di attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione basata su: piena autonomia delle rappresentanze;

criteri obiettivi di rappresentatività sia a livello nazionale, per la stipula dei contratti, che a livello aziendale, per le parti dei contratti nazionali rinviate a quel livello così come per questioni specifiche inerenti la gestione aziendale; certezza di basi giuridiche ai contratti di lavoro;

forme di democrazia industriale che senza sostituirsi al conflitto distributivo, nella separazione dei ruoli, prevedano un intervento dei lavoratori nella gestione delle imprese maggiori (come valore aggiunto, non come orpello, o minaccia).

(Tratto dalla Mozione Congressuale di Pippo Civati)