Il Manifesto del Partito dei Giovani

<<È il momento di una rivoluzione. Nulla di meno occorre di fronte al crollo di questo paese.

La casa, i precari, la scuola e la ricerca, il fisco, l’informazione. L’Italia senza diritti per chi è “diverso”, magari perché omosessuale, donna o troppo giovane. L’innovazione tecnologica e l’ambiente ridotti a tema da convegno o poco più. La banda larga che rimane maledettamente stretta. L’Italia della rete libera, vissuta con sospetto dal circuito politico-mediatico.

E l’abisso scavato tra le generazioni, nella patria dell’erede (per chi ha una eredità di cui godere) e del figliol precario (che non ha futuro e ancora non si è ribellato).

Il Manifesto offre un affresco potente e preoccupato del presente e disegna soluzioni per il futuro, lanciando l’idea di una rivoluzione leggera.

È il Manifesto degli italiani che verranno, degli italiani “prossimi”: prossimi anche perché solidali, vicini, alla pari.

Uno scenario tra la rivolta e il sogno che può diventare realtà.>>

Stasera sarà a Locorotondo.

 

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(Melampo Editore)

Centro di gravità permanente

Dal 2011 in poi vorrei un Partito con un solo Cervello che pensi ad un solo obiettivo ed un solo “metodo” trasparente e democratico per raggiungere l’obiettivo individuato.


Con una sola Anima che racchiuda tutti i Valori ed i Principi che hanno al centro la “Persona”, dove il Cittadino non sia un mero “soggetto passivo” su cui si riversano le decisioni prese in sedi non istituzionali da parte di pochi, ma che sia il “motore” con cui raggiungere la meta di una Società del realistico “Benvivere di tutti”, scacciando le “sirene” della Società del “Benessere per tutti” che garantisce solo l’agiatezza di pochi.


In ultimo, ma non in ordine di importanza, con tanti, tantissimi Cuori per cogliere in anticipo la moltitudine dei sentimenti e delle paure che, come un caleidoscopio, rappresentano l’essere umano del 3° Millennio.


Desidero un Partito che dialoghi
– con tutti, non solo con i “soliti noti”, senza rinnegare o mettere in discussione i Valori ed i Principi racchiusi nella propria Anima;

– soprattutto con i 10.610.064 di Persone che alle Elezioni alla Camera (18.570.997 all’Europee) hanno deciso di bollare come “indegni” i Politici/Partiti decidendo di non andare a votare e/o di non esprimersi. È verso quest’ultimi che un Partito nel 3° Millennio devo svolgere lo sguardo, tendere le mani e le orecchie, mettendo a disposizione la propria Voce.


Lo deve fare attraverso tre parole chiave: Formazione, Informazione e Partecipazione.


Formazione: mettere in condizione chiunque di comprendere le dinamiche e regole per gestire la propria comunità e il proprio territorio, gestire e risolvere i problemi presenti e prevenire quelli che verranno, progettare il futuro dei nostri Figli; solo attraverso la “Formazione” si possono “smontare” i proclami populisti del centrodestra.

Informazione: dopo aver formato le persone bisogna condividere le informazioni, attraverso tutti i mezzi e gli strumenti della comunicazione, vecchi e nuovi, affinché i Cittadini siano in grado, attraverso la rimozione dei filtri propagandistici, di comprendere quali sono gli esempi positivi da seguire e quelli negativi da evitare; solo il binomio Formazione – Informazione potrà accrescere il know-how dei Cittadini che saranno in grado di produrre proposte progettuali facilmente realizzabili su tutto il territorio.

Partecipazione: si deve rimuovere il concetto che “il popolo è bue” e che “ragiona con la pancia”. Una relazione, di qualsiasi tipo, si basa sulla fiducia e deve essere reciproca se si vuole far funzionare un rapporto. I Cittadini devono essere coinvolti e presenti in tutte le fasi della vita di un Partito, attraverso delle “regole certe e note a tutti”, che abbiano nelle “Primarie” il proprio “centro di gravità permanente”.

 

Cultura della minore ricchezza

(…) E’ probabile che assisteremo allo svilupparsi di una società nevrotica, spaventata dalla crisi del welfare, incapace perciò di guardare con sicurezza al proprio avvenire e mossa da spinte autodistruttive.

Come terapia sociale, occorrerà guardare alla nostra storia, per vedere su cosa si è fondata. Ed è superfluo ripetere che alle nostre spalle c’è un passato di ridistribuzione, quel sistema realizzato dalle democrazie cristiane e dalle socialdemocrazie europee. Che non riuscirà a innescare di nuovo la crescita ruggente all’americana, ma proverà a resistere agli scossoni dell’economia. Nel frattempo, noi europei proveremo a vivere sotto il segno meno: meno ricchezza, meno prodotti, meno consumi. Più poveri, insomma. (…)

(…) Occorre accingersi a costruire una cultura, forse non della povertà, bensì della minore ricchezza. Di un benessere più limitato, e sapendo che questo minor benessere si ripercuoterà su ogni aspetto della nostra vita. (…)

Tratta da “L’economia giusta” di Edmondo Berselli

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